Il dialogo, l'ascolto, sono i nostri valori: valori fondanti al punto che un discorso sulle loro ragioni non può che essere puro esercizio retorico, noia. Posso pure farlo, questo esercizio, spiegare perché dal principio dell'autodeterminazione individuale discendono questi valori, quale concezione della verità sia implicita in essi, perché bisogna essere disposti a cambiare nel dialogo, ecc. ecc. Ma, appunto, mi annoio.
Eppure, in realtà, anche per ascolto e dialogo ci vuole una ragione perché si dia qualcosa piuttosto che il nulla, e il semplice fatto che ascoltare e dialogare siano imperativi morali non significa niente: non ci dice nulla sul come, non ci spiega perché a questi imperativi sia così difficile ottemperare, li lascia esposti alla cattiva coscienza e al pentimento come una virtù impraticabile ma a cui bisogna inchinarsi, un'occasione di ipocrisia (L'ipocrisia, diceva La Rochefoucauld, è l'inchino che il vizio fa alla virtù), un memento mori.
Perché dialogo e ascolto significano rumore, complicazione, cose nuove da raccogliere entro un senso, lavoro, confusione.
E ci sono quelli che predicano il dialogo, e si sforzano di praticarlo, ma non ne hanno bisogno. Hanno una forza propria, e io li ammiro per questo, e mi piacerebbe essere così, avere tutto in me: progetto, domande, strada. Mentre io davvero non so pensare da sola, non so parlare se non rispondendo: ed è il mio limite.
Che, avendo tutto in sé, si sforzino all'ascolto, è per me un'altro motivo di ammirazione; o di ammirata diffidenza.
Perché vedo bene la forzatura: hanno tutto in sé, e il rumore, la complicazione, le cose nuove da raccogliere in un senso non aggiungono niente se non confusione. Ma proprio per questa forza il loro percorso è solitario, l'Altro lo possono amare, aiutare, forse persino riconoscere nella sua alterità: ma non ne hanno bisogno. Hanno bisogno, a volte, di ricevere conferme, di spettatori, di chi gli dica: "continua così": ma questa è una debolezza, non è dialogo.
Io no,
eppure c'è chi disse una volta che il dialogo è già il solo cominciare a parlare, perchè, il dialogo, si viene formando da solo, cambia forma, faccia, le antitesi fanno la tesi, come dire che non puoi (ovviamente) stabilire ciò che è dialogo e ciò che non lo è prima; col dialogo, come con molte altre cose, non puoi avere preconcetti. O no?
ReplyDelete