Saturday 26 July 2014

Lettera aperta al popolo di Gaza


L'Editor della rivista The Lancet e' sotto attacco per aver pubblicato una lettera aperta in cui i medici che operano a Gaza denunciano l'aggressione israeliana e le conseguenze del blocco: fame, sete, malattie.
Traduco qui parte della lettera, e prego chi legge di collegarsi a http://www.thelancet.com/gaza-letter-2014 per esprimere solidarietà a The Lancet.

An open letter for the people in Gaza
Paola Manduca,Iain Chalmers,Derek Summerfield,Mads Gilbert,Swee Ang,on behalf of 24 signatories
The Lancet - 23 July 2014
DOI: 10.1016/S0140-6736(14)61044-8 

Siamo dottori e scienziati, passiamo la vita a sviluppare metodi per curare e proteggere la salute e le vite. Siamo anche persone informate: assieme alla teoria e alla pratica della nostra professione ne insegniamo l'etica. Tutti, per anni, abbiamo lavorato a Gaza, e conosciamo la situazione.

Sulla base della nostra etica e pratica professionale, vogliamo denunciare ciò a cui stiamo assistendo nell'aggressione a Gaza da parte di Israele.
Chiediamo ai nostri colleghi, vecchi e giovani professionisti, di denunciare questa aggressione israeliana.
Ci opponiamo alla perversione di una propaganda che giustifica la creazione di un'emergenza per mascherare un massacro, una cosiddetta "aggressione difensiva". Nella realtà, si tratta di una spietata aggressione senza limiti di durata, estensione o intensità. Vogliamo riportare i fatti come li vediamo e le loro implicazioni per le vite delle persone.

Siamo sgomenti per il macello di civili inermi fatto dai militari fingendo di combattere i terroristi. Questo è il terzo attacco militare su larga scala su Gaza dal 2008. Ogni volta il pegno di morte è quasi tutto pagato dagli innocenti, specialmente donne e bambini, con l'inaccettabile pretesto di sradicare i partiti politici e la resistenza all'occupazione e all'assedio imposto da Israele.

Questa azione terrorizza anche quelli che non ne sono colpiti direttamente, e ferisce l'anima, la mente, e la capacità di ripresa dei giovani. La nostra condanna e il nostro disgusto sono aggravati dalla negazione di aiuti e dalla proibizione per Gaza di ricevere aiuti e soccorsi esterni per alleviare questa terribile situazione.

Il blocco di Gaza è ancora più duro dall'anno scorso, e questo ha peggiorato il tributo di sofferenze per la popolazione. A Gaza non si soffrono solo i bombardamenti, si soffre la fame, la sete, l'inquinamento, la mancanza di medicine, di elettricità, e di mezzi per procurarsi da vivere. Blackout, scarsità di carburante, di acqua, di cibo, esondazioni dalle fogne, risorse sempre più ridotte sono disastri causati direttamente e indirettamente dall'assedio.

Gaza è bloccata per mare e per terra dal 2006. Chiunque, anche un pescatore che oltrepassi le tre miglia nautiche dalla costa viene fucilato dalla marina israeliana. Nessuno può attraversare gli unici due checkpoint per uscire da Gaza, Erez e Rafah, senza una speciale autorizzazione rilasciata dalle autorità israeliane ed egiziane, difficile se non impossibile da ottenere. La gente di Gaza non può andare all'estero per studiare, lavorare, visitare le famiglie, o fare affari. Feriti e malati non possono lasciare Gaza per curarsi. Cibo e medicine sono razionati, e molte cose essenziali per la sopravvivenza sono proibite. Prima del presente assalto, le riserve di medicinali a Gaza erano già al minimo storico a causa del blocco, adesso sono esaurite.
Allo stesso tempo, Gaza non può esportare quel che produce. L'agricoltura è stata gravemente compromessa dall'imposizione della zona cuscinetto, e i prodotti agricoli non possono essere esportati a causa del blocco. L'80% della popolazione di Gaza dipende dalle razioni alimentari dell'ONU.

Thursday 6 March 2014

Fiducia (appunti e citazioni)

Your corn is ripe today; mine will be so tomorrow. 'Tis profitable for us both, that I should labour with you today, and that you should aid me tomorrow. I have no kindness for you, and know you have as little for me. I will not, therefore, take any pains upon your account; and should I labour with you upon my own account, in expectation of a return, I know I should be disappointed, and that I should in vain depend upon your gratitude. Here then I leave you to labour alone; You treat me in the same manner. The seasons change; and both of us lose our harvests for want of mutual confidence and security.
--David Hume

Tuesday 4 March 2014

 Questo governo vi vuole rendere prima ricchi e, quindi, autonomi da un punto di vista sanitario. In seguito, vi dirà che oramai, diventati così facoltosi, è inutile un servizio sanitario pubblico costoso ed inefficiente, che è meglio avere un sistema sanitario privato, vi farete una bella assicurazione, che non vi rinnoveranno più dopo la prima malattia.E vivrete sperando di essere sempre sani. Domenico Crea

Monday 24 February 2014

Una Via, 18 maggio 2012: vecchi stracci

Un caro amico, Pier Cesare Bori, usava riunirci ogni settimana per fare silenzio insieme, e poi leggere e discutere insieme un breve testo scelto da lui, che dopo ci inviava. Oggi mi è tornato alla mente questo:
 
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Il Dhammapada è un antico testo buddhista, che leggiamo qui con il commento Buddhaghosa, V d.c., il più autorevole interprete del buddhismo theravadin, del sud-est asiatico. Buddhaghosa è un autorevole autore e commentatore del V secolo d.C., a lui si deve anche questo commento, attraverso storie che ricostruirebbero la situazione in cui il Buddha avrebbe pronunciato le 423 strofe del Dhammapada.


Dhammapada 143 e 144


La storia del monaco Pilotikatissa
 
 143: Di rado si trova nel mondo un uomo 
frenato dalla vergogna
che comprende il rimprovero
come il cavallo la frusta.     
144: Come un buon cavallo colpito dalla frusta
siate ardenti e pieni di slancio.
Con fede virtù e retto sforzo
con la calma concentrata e discernimento del Dhamma, 
con la sapienza e la buona condotta perfettamente consapevoli
abbandonerete questa grande sofferenza.

La storia di  Thera Pilotikatissa
Mentre stava al monastero di  Jetavana, il  Buddha pronunciò le strofe143 e 144 di questo libro,con riferimento a  Thera Pilotikatissa.
Una volta Thera Ananda vide un giovane vestito in maniera squallida che si aggirava mendicando il cibo ; ne sentì pietà e  ne fece un asceta. Il giovane asceta lasciò i suoi vecchi panni e la sua ciotola da mendicante sulla forcella di un albero.   Quando divenne un bhikkhu (monaco) fu conosciuto come Pilotikatissa. In quanto bhikkhu, non doveva preoccuparsi del cibo e del vestito siccome si trovava nel benessere. Eppure talvolta non era contento della sua vita come bhikkhu  pensava di tornare alla vita di laico. Quando si sentiva così tornava all’albero dove aveva lasciato i suoi panni e la sua ciotola. Là, ai piedi dell’albero, si interrogava: «Svergognato! Vuoi lasciare il posto dove sei nutrito e vestito per bene? Vuoi tornare a quei panni squallidi e riprendere a mendicare con questa vecchia ciotola in mano?» In questo modo rimproverava se stesso; calmatosi poi tornava la monastero. Così accadde molte volte. Quando gli altri  bhikkhu gli chiedevano perché tornasse spesso all’albero dove aveva lasciato i panni e la ciotola, rispondeva che andava a trovare il suo maestro. 
Tenendo così a mente i suoi vecchi panni come oggetto di meditazione egli arrivò a realizzare la vera natura degli aggregati dei khandha e alla fine divenne un arahat. Allora smise di andare dall’albero. Gli altri bhikkhu notando che Pilotikatissa aveva smesso di andare dall’albero dei suoi vecchi vestiti e ciotola, gli domandarono: «Perché non vai più dal tuo maestro?» E lui rispose: «Quando ne avevo bisogno, dovevo andarci ma ora non ne ho più bisogno». Quando i bhikku udirono questa risposta, lo portarono dal Buddha. Giunti alla sua presenza dissero; «Venerabile Signore! Questo bhikkhu pretende di essere divenuto un arahat, ma dev’essere un bugiardo».  Ma il Buddha li smentì e disse:  «Bhikkhu! Pilotikatissa non mente, dice la verità. Sebbene prima fosse in relazione con il suo maestro, adesso non lo è più.  Thera Pilotikatissa ha istruito se stesso a distinguere tra cause giuste e cause erronee e a discernere la vera natura delle cose. Egli adesso è un arahat, e così adesso non c’ più relazione tra lui e il suo maestro». Allora il Buddha pronunciò le due strofe come sopra:

Pilotikatissatthera Vatthu

Hirinisedho puriso
koci lokasmi vijjati
yo niddam apabodheti
asso bhadro kasamiva.
Asso yatha bhadro kasanivittho
atapino samvegino bhavatha
saddhaya silena ca viriyena ca
samadhina dhammavinicchayena ca
sampannavijjacarana patissata
jahissatha dukkhamidam anappakam.

Wednesday 29 January 2014

La banalità della memoria

More about La banalità del male "Prima del colpo di Stato di Badoglio dell'estate 1943, e prima che i tedeschi occupassero Roma e l'Italia settentrionale, Eichmann e i suoi uomini non avevano mai potuto lavorare in questo paese. Tuttavia avevano potuto vedere in che modo gli italiani *non* risolvevano nulla nelle zone della Francia, della Grecia e della Jugoslavia da loro occupate: e infatti gli ebrei perseguitati continuavano a rifugiarsi in queste zone, dove potevano essere certi di trovare asilo, almeno temporaneo. A livello molto più alti di quello di Eichmann, il sabotaggio italiano della soluzione finale aveva assunto proporzioni serie, soprattutto perché Mussolini esercitava una certa influenza su altri governi fascisti (...) Il capo di Eichman, il Gruppenfuehrer Mueller, scrisse in proposito una lunga lettera al ministero degli esteri del Reich, illustrando questa situazione, ma il ministero non poté far molto perché sempre urtava nella stessa ambigua resistenza, nelle stesse promesse che poi non venivano mai mantenute. Il sabotaggi era tanto più irritante, in quantoche era attuato pubblicamente, in maniera quasi beffarda. Le promesse erano fatte da Mussolini in persona o da altissimi gerarchi, e se poi i generali non le mantenevano, Mussolini porgeva le scuse adducendo come spiegazione la loro "diversa formazione intellettuale". Soltanto di rado i nazisti si sentivano opporre un netto rifiuto, come quando il generale Roatta dichiarò che consegnare alle autorità tedesche gli ebrei della zona jugoslava occupata dall'Italia era "incompatibile con l'onore dell'esercito italiano".
Ancora peggio era quando gli italiani sembravano rispettare le promesse (....)"
Hannah Arendt, La banalità del male, Feltrinelli, 2001, p. 183