Quel che è, è, e non esiste un altrove.
Le tue parole - sono. Se esistesse un sangue primoriale, una fonte selvatica e tremenda che sgorga dalla terra e non dalle ferite, le tue parole sarebbero questo: spaventose e rassicuranti, nutrimento e pericolo.
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Wednesday, 22 June 2011
Tuesday, 24 March 2009
Parole chiave: Amicizia
La farsa della rivolta, l'abolizione o il nascondimento di qualunque "se noi non siamo, io non sono" nella rivolta, è strettamente connesso alla farsa dell'amicizia, alla messa in scena delle relazioni più intime e costitutive del nostro essere.
Perché questo è ciò che è veramente nuovo del nostro tempo: non ci troviamo più semplicemente davanti a un simulacro di vita che sostituisce ciò che uno potrebbe vivere in proprio, o che distrae dal mondo di isolamento, ostilità e paura a cui siamo ridotti e così lo rende possibile. Ci troviamo davanti a qualcosa d'altro e più sottilmente pericoloso: alla costruzione deliberata di un mondo diverso, nel quale l'amicizia è la relazione che lega dieci piccoli indiani il cui scopo è, per ciascuno, che il prossimo a venir fatto fuori sia l'altro. Queste rappresentazioni non sono neutre, ma insegnano un linguaggio dei sentimenti, il modo per comprenderli e interpretarli. Per questo dico: costruiscono un mondo.
E' un nuovo livello dello scontro, in cui dopo aver screditato o ridicolizzato principi necessari ma, per così dire, esterni, ci si rivolge all'interno, a quello che più intimamente fonda il nostro essere. Ed è uno scontro profondamente politico, profondamente connesso alla costruzione dell'impossibilità della rivolta come "se noi non siamo, io non sono".
Perché è vero che non c'è sentimento più impolitico dell’amicizia: l'amore, almeno, riesce a formare delle famiglie, a istituzionalizzare il bisogno dell’altro (come il papa c'insegna, la famiglia è il primo nucleo della società).
Invece, ciò che mi lega alle persone – né molte, né poche - a cui ho dato la mia amicizia, più disinteressato dell'amore, che sopporta l'assenza senza cambiare, anche quando le nostre vite diventano lontane, e sopporta senza cambiare persino il fatto che parti di noi siano irrimediabilmente lontane … questo legame non fonda proprio niente, quando fonda qualcosa si corrompe, e corrompe la cosa, e non è possibile che fra liberi ed uguali.
Per questo è incomprensibile, inattuale, pericoloso, e va combattuto ad ogni costo.
E noi dobbiamo, invece, combattere ad ogni costo perché sia possibile. Non, dico, perché tutti divengano amici, che sarebbe un inganno, una falsa paz y falso sueño, ma perché tutti abbiano la stessa possibilità di esserne degni, e perché in mezzo a noi sia possibile incontrare persone degne di amicizia, e non individui paurosi e asserviti impegnati nell’eliminazione del prossimo concorrente.
Perché questo è ciò che è veramente nuovo del nostro tempo: non ci troviamo più semplicemente davanti a un simulacro di vita che sostituisce ciò che uno potrebbe vivere in proprio, o che distrae dal mondo di isolamento, ostilità e paura a cui siamo ridotti e così lo rende possibile. Ci troviamo davanti a qualcosa d'altro e più sottilmente pericoloso: alla costruzione deliberata di un mondo diverso, nel quale l'amicizia è la relazione che lega dieci piccoli indiani il cui scopo è, per ciascuno, che il prossimo a venir fatto fuori sia l'altro. Queste rappresentazioni non sono neutre, ma insegnano un linguaggio dei sentimenti, il modo per comprenderli e interpretarli. Per questo dico: costruiscono un mondo.
E' un nuovo livello dello scontro, in cui dopo aver screditato o ridicolizzato principi necessari ma, per così dire, esterni, ci si rivolge all'interno, a quello che più intimamente fonda il nostro essere. Ed è uno scontro profondamente politico, profondamente connesso alla costruzione dell'impossibilità della rivolta come "se noi non siamo, io non sono".
Perché è vero che non c'è sentimento più impolitico dell’amicizia: l'amore, almeno, riesce a formare delle famiglie, a istituzionalizzare il bisogno dell’altro (come il papa c'insegna, la famiglia è il primo nucleo della società).
Invece, ciò che mi lega alle persone – né molte, né poche - a cui ho dato la mia amicizia, più disinteressato dell'amore, che sopporta l'assenza senza cambiare, anche quando le nostre vite diventano lontane, e sopporta senza cambiare persino il fatto che parti di noi siano irrimediabilmente lontane … questo legame non fonda proprio niente, quando fonda qualcosa si corrompe, e corrompe la cosa, e non è possibile che fra liberi ed uguali.
Per questo è incomprensibile, inattuale, pericoloso, e va combattuto ad ogni costo.
E noi dobbiamo, invece, combattere ad ogni costo perché sia possibile. Non, dico, perché tutti divengano amici, che sarebbe un inganno, una falsa paz y falso sueño, ma perché tutti abbiano la stessa possibilità di esserne degni, e perché in mezzo a noi sia possibile incontrare persone degne di amicizia, e non individui paurosi e asserviti impegnati nell’eliminazione del prossimo concorrente.
altri cieli
Caro Francesco
spesso, in momenti come questo, ho un ricordo di te, perché è una bella notte, colma di vento di marzo e di pioggia di primavera.
"perché è una bella notte
e questo cielo non ha altro dove".
Questi momenti ti appartengono, e con te appartengono ad altri, perché, come sui giorni del calendario si affastellano sassolini di colore diverso, così in questi momenti si affastellano volti, voci, pensieri.
Il pensiero di stasera è che, in un senso molto importante, non è vero che questo cielo non ha altro dove.
Solo il cielo del paradiso, dove tutti i sogni sono realizzati, e l'incompiuto e il disperso non hanno più luogo: solo quel cielo non ha altro dove. Ma in notti come queste, nelle ore di un simile tempo, questo cielo mostra altri cieli, che sono presenti nell'aria che respiriamo e in cui vibra l'idea di felicità. Il condominio che ho di fronte, in questi momenti è ben chiaro, potrebbe essere un bosco, e da questo bosco traspira un silenzio che è possibile ascoltare, soltanto velato dal rumore del traffico.
Così come ogni attimo di felicità mostra che dietro, sotto, dentro tutto il nostro essere per lo scambio e stare come merci uno di fronte all'altro, sotto tutto questo, in un altro luogo da quello della sottomissione e della lotta, ma nello stesso luogo, c'è il lavorare a se stessi, l'imparare dagli altri, l'esprimersi, l'essere con gli altri,
Tutto questo, come il grande viale di tigli che talvolta attraverso, è ben visibile a un'anima attenta, ma non solo ad essa. Spinoza diceva che gli uomini ben sanno di essere uguali, e che per sottometterli è necessario un artificio sempre rinnovato. L'uguaglianza, la tensione ad essa, la coscienza della sua naturalezza e, a tratti, la sua realtà, scorrono costantemente come ciò che dovrebbe essere dietro, sotto, dentro la sottomissione, ma vi scorre come altro cielo che con quello della sottomissione non ha nulla a che fare, che appartiene alla società senza classi e "non può essere realizzato con un programma minore".
A questo cielo noi, che abbiamo buona vista, apparteniamo.
spesso, in momenti come questo, ho un ricordo di te, perché è una bella notte, colma di vento di marzo e di pioggia di primavera.
"perché è una bella notte
e questo cielo non ha altro dove".
Questi momenti ti appartengono, e con te appartengono ad altri, perché, come sui giorni del calendario si affastellano sassolini di colore diverso, così in questi momenti si affastellano volti, voci, pensieri.
Il pensiero di stasera è che, in un senso molto importante, non è vero che questo cielo non ha altro dove.
Solo il cielo del paradiso, dove tutti i sogni sono realizzati, e l'incompiuto e il disperso non hanno più luogo: solo quel cielo non ha altro dove. Ma in notti come queste, nelle ore di un simile tempo, questo cielo mostra altri cieli, che sono presenti nell'aria che respiriamo e in cui vibra l'idea di felicità. Il condominio che ho di fronte, in questi momenti è ben chiaro, potrebbe essere un bosco, e da questo bosco traspira un silenzio che è possibile ascoltare, soltanto velato dal rumore del traffico.
Così come ogni attimo di felicità mostra che dietro, sotto, dentro tutto il nostro essere per lo scambio e stare come merci uno di fronte all'altro, sotto tutto questo, in un altro luogo da quello della sottomissione e della lotta, ma nello stesso luogo, c'è il lavorare a se stessi, l'imparare dagli altri, l'esprimersi, l'essere con gli altri,
Tutto questo, come il grande viale di tigli che talvolta attraverso, è ben visibile a un'anima attenta, ma non solo ad essa. Spinoza diceva che gli uomini ben sanno di essere uguali, e che per sottometterli è necessario un artificio sempre rinnovato. L'uguaglianza, la tensione ad essa, la coscienza della sua naturalezza e, a tratti, la sua realtà, scorrono costantemente come ciò che dovrebbe essere dietro, sotto, dentro la sottomissione, ma vi scorre come altro cielo che con quello della sottomissione non ha nulla a che fare, che appartiene alla società senza classi e "non può essere realizzato con un programma minore".
A questo cielo noi, che abbiamo buona vista, apparteniamo.
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