Monday, 19 January 2009

non dirò loro

Di te non parlerò alla gente:
dirò loro che eri soltanto una conoscente o un'amica cara.
Non dirò loro nè come nè se
nei nostri sogni e nelle nostre passioni
il giorno nuovo ha lasciato traccia.

Non dirò loro se per solitudine, sete o stanchezza,
e se mai qualcuno di noi ha amato l'altro,
nè se il nostro cuore per noi o per altri, qualche volta ha amato.

Non dirò loro quale armonia univa spesso i nostri occhi nella costellazione dei desideri,
se eravamo felici che fosse così o se forse per noi era lo stesso.

Non dirò loro se la vita e la paura della morte univa le nostre mani
e se i suoni e le risate amavano più che il sussurro delle lacrime.

Borivoj Marcovic

Monday, 12 January 2009

que hacer?

Aquella guerra! No faltó la luz
ni la verdad
no hizo falta la dicha sino el pan
estuvo allí el amor, pero no los carbones:
había hombre, frente, ojos, valor
para la más acribillada gesta
y caían las manos como espigas cortadas
sin que se conociera la derrota,
esto es, había poder de hombre y de alma
pero no había fusiles

y ahora las pregunto
después de tanto olvido
qué hacer? qué hacer? qué hacer?

Respóndanme, callados,
ebrios de aquel silencio, soñadores
de aquella falsa paz y falso sueño,
qué hacer con sólo cólera en las cejas?
con sólo puños, poesía, pájaros,
razon, dolor, qué hacer con las palomas?


Pablo Neruda, El fuego cruel (Memoriale de Isla Negra)

Ah, quella guerra! Non mancò la luce,
né la verità
non ci mancò la gioia, però il pane,
c'era fra noi l'amore, però non il carbone:
c'erano uomo, fronte, occhi, valore
per grandi crivellate gesta
e cadevano le mani, come spighe falciate
senza che conoscessimo sconfitta,
questo è: c'erano forza di uomo e di anima
ma non c'erano fucili.

E allora ve lo chiedo
dopo cotanto oblio:
che fare? che fare? che fare?

Rispondetemi, silenziosi
ebbri di quel silenzio, sognatori
di quella falsa pace e falso sogno:
che far, con solo collera negli occhi?
con solo pugni, poesia, uccelli,
ragione, dolore, che fare con le colombe?

che fare con la collera?

è vero, sono tempi in cui parlare di alberi è un delitto, senza il quasi, perché su troppe stragi comporta il silenzio.
Comporta il silenzio su una strage atroce, Gaza, che ora che non possiamo non vederla ci indigna e ci riempie di collera.
e dopo?
che fare con la collera?
che fare con i pugni, la poesia, gli uccelli?
ne facciamo una bella manifestazione, così dopo torniamo a casa soddisfatti?
o una bella canzone da riascoltare per il piacere di dire "io c'ero"?

Meglio parlare di alberi, allora, è più onesto.

O diffondere un po' d'informazione un po' meno censurata, è decente.

Io preferisco cercare risposte alla domanda: che fare con la ragione, il dolore, le colombe?

NOZIONI COMUNI

Koiné era la lingua comune con cui i greci di qualunque città o stato fossero si parlavano, e poi il linguaggio comune, magari elementare e rozzo, con cui ci si intendeva in tutto il Mediterraneo. Lingua di marinai, utile per navigare e per parlare con tutti, prima, e dopo, che qualcuno sul Mediterraneo creasse un impero e lo chiamasse "mare nostrum". Koinos è ciò ch'è comune, pubblico, usuale. Koinos è chi è partecipe, ma anche chi agisce come impone la comunità di tutti gli umani, cioè chi fa ciò ch'è proprio di tutte le genti (letteralmente: è gentile). Questo sono anche le nozioni comuni, che per Spinoza sono il fondamento della ragione. Il compito, qui, è la ricerca di queste nozioni, di ciò su cui è possibile convenire. La ricerca di una lingua comune, fatta di parole chiave, un intendersi sui termini e sulle loro implicazioni. "Comune fra chi", potrà essere detto (se lo potrà), forse dopo, perché in questo momento tutto è da costruire, e neanche l'esistenza di una qualche forma di comunanza potrà essere data per scontata. Perché questo, io credo, è un tempo di catastrofe, nel senso di un totale rovesciamento, ma anche dell'evento centrale attorno a cui verte la trama; e anche, certo, nel senso di rovina e distruzione, se non altro distruzione del mondo nel quale eravamo abituati ad orientarci. Siamo in un mondo nuovo che dobbiamo imparare a misurare - un nuovo che non deve suscitare meraviglia e che è andato accumulandosi negli anni ... Ma è proprio delle catastrofi che il vaso trabocchi tutto in un momento, e che tutti i piccoli slittamenti, smottamenti, le piccole cose che si erano accumulate l'una sull'altra precipitino insieme così repentinamente che quello che accade sembri accadere all'improvviso.