Anche la campagna europea END FGM sostiene l'iniziativa, ritenendo questo un precedente grave che potrebbe influenzare anche l'andamento di processi legislativi di natura penale relativi alle MGF in altri paesi europei. Le firme vanno inviate a: c.scoppa@aidos.it
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a cura di AIDOS – Associazione italiana donne per lo sviluppo
consulenza giuridica di Natalina Folla, Docente di diritto penale, Università di Trieste
L’inserimento nella legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote attualmente in discussione al Senato (S. 1969-B, art. 4 “Modifiche al Codice Penale”) della pena accessoria della decadenza della potestà genitoriale e della interdizione perpetua dalla tutela di minori in calce all’articolo 583/bis del Codice Penale relativo al reato di mutilazione dei genitali femminili costituisce a nostro avviso una mostruosità giuridica in quanto:
- Le mutilazioni dei genitali femminili non possono essere equiparate ai reati di sfruttamento sessuale e abuso sessuale dei minori di cui tratta la Convenzione di Lanzarote.
Le mutilazioni dei genitali femminili, una pratica senz’altro da abbandonare perché costituisce una violazione dei diritti umani delle bambine e delle donne che ne lede l’integrità psico-fisica, sono una norma socio-culturale trasmessa come tradizione, che i genitori si sentono chiamati a rispettare per consentire alla bambina di assumere ruolo e funzioni di donna adulta.
Questo vale soprattutto in contesti culturali dove non essere sottoposte alla pratica è percepito ancora come un ostacolo al matrimonio, e quindi alla maternità, tratti essenziali della realizzazione di una donna, e può causare l’emarginazione dalla propria comunità.
Per i genitori africani dunque, sottoporre la bambina alla pratica è un atto inteso a garantire alla futura donna i benefici legati al matrimonio all’interno della propria comunità d’origine.
Diversamente dunque dall’abuso sessuale o dallo sfruttamento sessuale di un/a minore, in cui i genitori praticano un comportamento finalizzato all’ottenimento di un vantaggio per sé, sia in termini economici che di altro genere, a danno del/la minore.
Diversamente dalla cerimonia rituale della mutilazione dei genitali, inoltre, lo sfruttamento sessuale o l’abuso sessuale di un/a minore sono comportamenti che possono essere reiterati nel tempo, comportando una effettiva responsabilità dei genitori nella mancata protezione e tutela del/la figlio/a che può ragionevolmente comportare una misura drastica come la decadenza della potestà genitoriale.
- La privazione della potestà genitoriale costituisce un danno ulteriore per la bambina già sottoposta a mutilazione dei genitali, che verrebbe privata anche dell’essenziale supporto affettivo ed educativo della propria famiglia, condannata ad essere internata in un istituto o affidata ad estranei, con tutti i disagi e le sofferenze che questo comporterebbe, compreso il senso di colpa per essere stata la “causa” della condanna dei propri genitori.
- L’extraterritorialità del reato di mutilazione dei genitali femminili prevista dalla legge n. 7/2006 che ha introdotto nel Codice penale l’art. 583/bis sulle mutilazioni dei genitali femminili rende di fatto tutti i genitori africani di bambine che dovessero essere state sottoposte a mutilazione dei genitali anche prima di arrivare nel nostro paese a rischio di perdere la potestà genitoriale.
- Attualmente norme che vietano le mutilazioni dei genitali femminili sono in vigore in 19 paesi africani dei 28 dove la pratica è diffusa, oltre che in numerosi paesi europei. Tali leggi, come hanno dimostrato numerosi studi e ricerche, hanno però avuto un impatto molto limitato sull’abbandono della pratica.
Trattandosi di una norma socio-culturale radicata nella tradizione, l’abbandono delle mutilazioni dei genitali avviene solo attraverso unapresa di coscienza e una rinegoziazione dei rapporti di genere, familiari e sociali che ne riconosca l’inutilità proprio al fine dei benefici che era chiamata a garantire (matrimonio, rispettabilità, onore).
Nel contesti dove i diritti delle donne e la parità di opportunità tra uomini e donne sono inscritte nell’ordinamento giuridico, sono oggetto di politiche governative e sono supportate dall’evoluzione socio-culturale, e dove sono state condotte campagne di sensibilizzazione e informazione volte a promuovere l’abbandono delle mutilazioni dei genitali femminili, la pratica sta progressivamente perdendo di senso e il numero delle bambine costrette a subirla è in costante diminuzione, come documentato dai Sondaggi demografici e sanitari (DHS,Demographic and Health Surveys, ) condotti in quasi tutti i paesi africani.
Nel contesto della migrazione, come hanno dimostrato i risultati delle ricerche realizzate in Italia attraverso i finanziamenti messi a disposizione dal Ministero delle Pari Opportunità in base al bando di cui all’Avviso n. 1 - G.U. n. 187 del 13 agosto 2007, dove i “benefici” per la vita adulta di una bambina si configurano in termini di istruzione, accesso al lavoro, partecipazione alla vita pubblica,l’orientamento prevalente tra le famiglie migranti è già quello dell’abbandono della pratica. Al punto che può accadere che la bambina sia mutilata contro la volontà dei genitori e all’insaputa di questi durante le vacanze nel paese d’origine, dove è affidata alle nonne e/o ad altre/i parenti.
Per far sì dunque che la pratica venga definitivamente abbandonata, e che i genitori abbiano sufficienti risorse per opporsi alle pressioni familiari che ricevono dal paese d’origine affinché rispettino le tradizioni, soprattutto in occasione di soggiorni e vacanze nel paese d’origine, è fondamentale sostenere questo cambiamento di mentalità attraverso adeguate campagne di sensibilizzazione, formazione, informazione.
La legge n. 7/2006 aveva inoltre giustamente collocato le misure di prevenzione nel primo capitolo e le misure penali nel secondo, prevedendo finanziamenti per 3 anni al fine di attuare campagne informative e corsi di formazione. È in tal senso che deve proseguire l’attività del governo, rifinanziando la legge e coordinando al meglio le iniziative sul territorio italiano, con il coinvolgimento delle associazioni di promozione sociale, le organizzazioni non governative e soprattutto le associazioni dei/le migranti, oltre che degli enti locali più in diretto contatto con le famiglie migranti.
Conseguentemente, la misura penale dovrebbe essere applicata in via residuale, in quanto il fine perseguito dalla legge n. 7/2006 è quello di far prendere coscienza della brutalità della pratica censurata, ed eventualmente garantire, con la sanzione penale, la rieducazione della persona condannata attraverso la percezione del disvalore penale della sua condotta, in adesione al principio rieducativo della pena previsto dall art. 27 della Costituzione.
Ebbene, questo sarebbe possibile immaginando un apparato sanzionatorio che veda ridotti i limiti edittali della pena, in modo tale da consentire all’autore del reato (che, spesso, è anche il genitore) di accedere al beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinandolo alla osservanza, da parte del condannato, delle prescrizioni imposte dal giudice; prescrizioni che potrebbero consistere in percorsi di sensibilizzazione, di informazione e di formazione circa le negative conseguenze (sanitarie, psicologiche, sessuali e di benessere complessivo) sulle vittime delle pratiche medesime. Una sorta, quindi, di messa alla prova (come la probationanglosassone), che deve durare per tutto il periodo della pena principale, con l’ausilio, ovviamente, dei servizi sociali e con un coinvolgimento della famiglia. La conclusione positiva del percorso porterebbe, quindi, alla estinzione del reato.
Occorre rilevare invece che la disciplina penale delle MGF ha dimostrato in questi 5 anni di vigenza una totale inefficacia.L’inesistente casistica giurisprudenziale (un solo caso) è frutto dell’ineffettività della norma penale.
Tale consapevolezza sta a significare che la preponderanza dell’aspetto simbolico della norma penale rispetto alla sua reale funzione, che sarebbe dovuta essere quella della tutela della vittima, ha prodotto soltanto conseguenze negative; la norma penale così strutturata infatti:
· non ha inciso significativamente sulla dissuasione dalla pratica;
· non ha permesso di tutelare adeguatamente le vittime (quasi esclusivamente minori);
· ha solo creato l’illusione, o inviato all’opinione pubblica il falso messaggio che il presidio penale avrebbe eliminato la pratica ricorrendo a pene draconiane.
Questo dato oggettivo dovrebbe, quindi, indurre il legislatore a una seria riflessione e, preso atto del fallimento della parte penale della legge del 2006, dovrebbe indurlo a riformulare l’apparato sanzionatorio della disciplina, rendendolo efficace rispetto al fineperseguito dalla legge medesima.
In sintesi: se la funzione della norma penale è quella di tutelare la vittima, in questo caso la vittima minore in particolare, il presidio penalistico deve essere confezionato rispetto a questo preciso scopo.
Ora, alla luce delle peculiarità che il reato di mutilazione dei genitali femminili presenta, come sopra ricordate, l’intento prioritario del legislatore deve essere quello di incidere, anche attraverso la norma penale, sul processo di acquisizione, da parte dell’autore del reato, del disvalore penale della sua condotta.
Considerazioni in ordine al c. d. patteggiamento, art. 444 del codice di procedura penale “Applicazione della pena su richiesta delle parti” e artt. seguenti
Per quanto qui rileva, e in estrema sintesi, ricordiamo che il c. d. patteggiamento è previsto nelle due forme del
- c. d. patteggiamento ordinario
- c. d. patteggiamento allargato.
Il c. d. patteggiamento ordinario si applica quando la pena che in concreto dovrebbe irrogarsi non è superiore ai due anni. In questo caso non si applicano le pene accessorie (nel caso che ci interessa qui la “decadenza dalla potestà genitoriale”).
Il c. d. patteggiamento allargato si applica quando la pena irrogabile in concreto non è superiore ai cinque 5 anni. In questo caso si applicano, però, anche le pene accessorie.
Ebbene, il disegno di legge n. 1969-B di ratifica della Convenzione di Lanzarote, vuole impedire che, laddove, nel caso concreto, una persona incriminata per mutilazione dei genitali femminili sia punibile con una pena non superiore ai due anni (assai raro, peraltro, a nostro avviso), possa accedere al beneficio previsto per il patteggiamento ordinario.
L’art. 4 lett. f) del disegno di legge, in ordine all’art. 583 bis c.p., estende, infatti, l’applicazione della pena accessoria anche al patteggiamento ordinario, derogando a quella previsione che, in un sistema sanzionatorio di un’asprezza inaudita, qual è quello attuale delle MGF, rappresenta l’unico spiraglio di razionalità.
Con l’adesione di
ADUSU, Associazione diritti umani – sviluppo umano, Padova
Agenzia Tutela Minori Padova – Donatella Schmidt, ricercatrice universitaria, Università di Padova
Associazione Africani in Piemonte – Torino
Associazione Afrodisia, Roma
Associazione Alma Teatro – Torino – Flor Vidaurre Gamarra
Associazione Casa fai da te, Padova – Paul Roger Boum, Presidente
Associazione Comunità Africana-Italiana – Ureoma Maria Ozoeze, Presidente
Associazione Comunità Edo di Padova – Yusuf Hiden Abdullahi, Presidente
Associazione Comunità Somala di Padova – Ahmed Mohamed Scek Nur, Presidente
Associazione Donne a colori Onlus – Luz Paredes ramires, Rappresentante legale
Associazione Donne Emigrate Somale – Roma – Lul Osman
Associazione Donne e Bimbi Somali – Arezzo – Rahma Mohamed Hassan
Associazione IROKO – Torino – Esohe Agatise
AIDM, Associazione italiana donne medico
- Ornella Cappelli, presidente nazionale
- AIDM Sezione di Cremona, Rosella Giovanna Dragoni, presidente
- AIDM Sezione di Treviso, Sara Tabbone, presidente
AISCIA, Associazione italo somala comunità internazionale e africana AISEA, Roma – Mariam Mohammed Hassan
Associazione Italiana per Scienze Etno-Antropologiche Onlus
- Anna Casella Paltrinieri, Facoltà di Scienze della Formazione, Università Cattolica del Sacro Cuore Brescia
- Laura Faranda, Prof. ordinario di Antropologia culturale ed Etnologia, Università di Roma
- Michela Fusaschi, Ricercatrice di antropologia culturale e sociale Università Roma Tre Dipartimento di Studi Internazionali
- Anna Matteocci, Dottoranda in Mito rito e pratiche simbolich,e Università di Roma La Sapienza, Membro dell'Osservatorio sul Razzismo e le Diversità "M.G.Favara" dell'Università Roma Tre
- Paolo Palmeri, prof. ordinario di Antropologia dello sviluppo, Università di Roma La Sapienza
Associazione Italo-somalo – Trieste – Ahmed Fagi Elmi
Associazione nazionale giuristi democratici – Avv. Roberto La macchia, Presidente
Associazione Medici Volontari Tolbà, Matera – Dorothy L. Zinn, Presidente
Associazione Nazionale Diaspora Africana – Yao Germain Kwame, Presidente
Audiodoc – Associazione italiana di autori e autrici indipendenti di audio documentari
– Andrea Giuseppini, Presidente
– Jonathan Zenti, socio responsabile del progetto “Abandoning FGM on FM!”
– Annamaria Giordano, Radio 3 Mondo RAI
Be Free, Cooperativa sociale contro tratta, violenza, discriminazione – Oria Gargano, Presidente
Centro di riferimento regionale per la prevenzione e le cure delle complicanze delle MGF – Careggi – Firenze – Abdulcadir Omar
Centro di riferimento regionale per le mutilazioni dei genitali femminili, Ospedale S. Camillo Forlanini, Roma – Dr. Giovanna Scassellati, Responsabile del Centro
Centro donna giustizia, Ferrara – Paola Castagnotto, Presidente
Centro per la salute delle donne immigrate e dei loro bambini, Bologna - Maria Giovanna Caccialupi
CID, Centro Idea Donna, Associazione culturale, Venezia – Maria Pia Miani, Presidente
CIE, Centro d’Iniziativa per l’Europa – Torino – Eliana Cerrato
CIF, Centro italiano femminile
– Maria Pia Campanile Savatteri, Presidente
– Alba Dini Martino, sociologa, Vice presidente
CIR, Consiglio italiano dei rifugiati
Comunità somala del Lazio – Mariam Mohammed Hassan
Cooperativa Kantara, Milano – Marta Castiglioni, Presidente
Coordinamento Stranieri di Vicenza – Morteza Nirou, Presidente
Culture Aperte, Trieste – Ornella Urpis, Presidente
END FGM Campaign – Dr. Christine Loudes, Coordinatrice della campagna, Amnesty International Irlanda
ETNA – Etnopsicologia Analitica
ICRH, International Centre for Reproductive Health, Università di Genth – Els Leye, responsabile programmi sulla prevenzione delle mutilazioni dei genitali femminili
IRASDI, Italian Research Association for Sustainable Development Initiatives – John Baptist Onama, Presidente
ISMU, Iniziative e Studi sulla Multietnicità, Milano
- Costanza Bargellini - Coordinatrice di ricerca
- Daniela Carrillo – Coordinatrice di ricerca
- Annavittoria Sarli – Ricercatrice
ISTISSS, Istituto per gli studi sui servizi sociali, Onluss – Dr.ssa Luisa Mangano, presidente
NPSG, Non c’è pace senza giustizia
OXFAM Italia – Francesco Petrelli, presidente
Progetto AURORA, Campagna “Nessuno Escluso”. Azione di prevenzione e contrasto delle MGF – Torino – Saida Ahmed Ali
UDI, Unione donne in Italia – Pina Nuzzo, Delegata nazionale
Unione donne migranti per la pace Onlus, Modena – Nurta Hassan
Maria Gemma Azuni, Capogruppo Assemblea Capitolina Comune di Roma, Gruppo Misto Sinistra Ecologia e Libertà
Assetou Billa Nonkane, mediatrice culturale, Associazione Circolo Aperto, Pordenone
Mario Bolognari, Prof. associato di Antropologia Culturale, Facoltà di Lettere e Filosofia, Polo universitario dell’Annunziata, Università degli studi di Messina
Chiara Brocco, Dottorato di ricerca in Antropologia Sociale, Centre Etudes Africaines - Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Parigi / Dipartimento discipline storiche "Ettore Lepore", Università Federico II Napoli
Laura Carrillo, ginecologa, Palermo
Anna Contessini, vice preside ISIS “Gioberti”, Roma, responsabile formazione Lega per i Diritti dei popoli, responsabile scuola del Forum provinciale Pace, diritti umani e solidarietà
Laura Degan, AIDOS – Ufficio regionale di Padova
Maddalena Claudia Del Re, avvocato, consulente legale AIED, Associazione italiana per l’educazione demografica
Khadidiatou Diallo, Dottorato Internazionale di Ricerca in Culture, disabilità, inclusione: educazione e formazione, Università di Roma “Foro Italico”
Simona Ferlini, Dottorato in Sanità pubblica, Dipartimenti di medicina e sanità pubblica, Università di Bologna
Daniela Gerin, Responsabile Ufficio Progetti Area Sanitaria - Salute degli immigrati, delle donne e politiche di contrasto alla violenza di genere e sui minori - Azienda per i Servizi Sanitari n° 1 – Triestina - Trieste
Cecilia Gallotti, Facoltà di sociologia, Università di Milano Bicocca
Mara Mabilia, antropologa, Università di Padova
Marisa Rodano
Anna Sampaolo, psicologa, AIED, Associazione italiana per l’educazione demografica
Francesca Romana Seganti, John Cabot University, Roma
Paola Elisabetta Simeoni, Demoetnoantropologa, Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Marina Testa, Ministero per lo Sviluppo economico
Giorgio Salerno, bibliotecario, Roma