Tuesday, 21 September 2010

Ristampe

Quand'ero ragazzina pensavo di essere ricca perché avrei ereditato dai miei una bella e grande biblioteca. Crescendo, ho capito che mi sbagliavo sotto quasi tutti i punti di vista: i libri non hanno alcun valore economico, anzi sono un costo e un peso nei traslochi, e solo eccezionalmente interessano o servono a qualcun altro. Soprattutto, i libri invecchiano, e più velocemente di te. I libri che mia madre comprò quando ero bambina ora sono fragili e secchi come un novantenne, da avere paura a toccarli, e mi fa sorridere quel fumetto, Nathan Never, in cui il protagonista si ostina, per romanticismo, a leggere libri di carta e ascoltare dischi in vinile: non so i dischi, ma fra un secolo e mezzo i miei libri saranno in massima parte polvere. (E sì, lo so, si tratta di qualità della carta, e quando si faceva con stracci di cotone ecc. ecc., sed res sic stant).

Ma soprattutto ho capito questo: che i libri sono cose vive. Non sono la carta e l'inchiostro, ma quello che c'è scritto. E come tali muoiono se non sono riprodotti e ripetuti, in questo non dissimili, solo su una scala temporale molto più lunga, dalla memoria nostra, da un contenuto internet o da noi.
Un libro è vivo finché viene ristampato o raccontato, finché se ne parla, finché c'è qualcuno che lo scopre, lo legge, se ne serve, così come un contenuto internet sprofonda se non viene ripetuto, raccontato, segnalato, la nostra memoria si offusca se non ricerchiamo, colleghiamo e ripetiamo quello che contiene (e i suoi contenuti cambiano ogni volta che li ripetiamo), e i nostri organismi restano vivi solo finché ogni cellula ripete se stessa. (Per questo gli studi in cui non fai altro che raccontare e ripetere un libro o un autore, che un tempo tanto disprezzavo, hanno un senso: ripetendo un libro, parlandone, lo si fa esistere, in un certo senso e in qualche misura, e questo vale anche se non se ne facesse altro).

Come tutto, insomma, anche se su un supporto che permette inaspettate resurrezioni, come le tavolette di Uruk o i papiri di Epicuro, e anche se sono parole ferme per sempre, e per questo morte, anche i libri esistono solo se sono costantemente rinnovati.

Non dico e non so se questo sia un bene o un male, ma devo ricordarmene e tenerne conto, questo sì.

4 comments:

  1. bella l'analisi fra libri e sé, e memoria. cosa è di chi?

    un solo sussulto:
    "sed rebus sic stant"
    aargh :)
    rebus sic stantibus
    o
    res sic stant (mai incontrato, credo)

    ps. imho, i libri non esistono, se non come peso nei traslochi, parecchio.
    esiste quello che ti trasmettono, perché quello se tu, e magari prima di incontrare quel libro o quella persona non lo sapevi.

    'notte, sogni d'oro

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  2. hai ragione, in effetti il mio latino è un bluff, benché sostenuto con una vera faccia da pocker
    (conoscenza passiva, vabbé?)

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  3. Concordo pienamente. I libri sono un altro tipo di "ricchezza". Guai se non ci fossero
    Grazie
    Giulia

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  4. E' vero, i libri invecchiano.
    Muoiono perfino.
    Per questo si dovrebbero passare di mano in mano - e non dico 'il titolo', dico proprio 'il libro'.
    Quello su cui io scarabocchio i miei appunti - sciocchi - sarà nelle tue mani, e tu lo darai a un amico, e così via ... finchè non sarà polvere.

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